Forse potremmo cominciare dal Siam. In fondo, è proprio lì
che inizia Il Porto Proibito.
Potremmo cominciare da una casacca di velluto nero con
decorazioni akha comprata una notte di gennaio 2008 a Chiang Mai… e rimasta da
allora in attesa del “momento giusto” per essere “inaugurata”.
Ma sarebbe una
luuuuunga storia.
Quindi andiamo subito al sodo, alla mattina di lunedì 16
ottobre 2017. Come accade piuttosto di frequente da un paio di anni a questa
parte, abbiamo un aereo per Parigi.
Stavolta, però, ad attenderci non è uno dei tanti festival
di fumetto o una mini-tournée di dediche in libreria. Stavolta c’è di più.
Il tempo di fare un salto veloce in albergo per adattarsi
all'occasione speciale – che, per una, vuol dire rinunciare per qualche ora agli amati jeans e, per l’altro, mettersi la cravatta – e poi di nuovo in metro verso la
destinazione finale: place Joffre.
Praticamente, sotto la torre Eiffel.
Ma che diavolo ci fanno una happyhippy peace&love e un
barbuto obiettore di coscienza davanti alla sede della Scuola Militare della
capitale francese?
Un mesetto fa avevamo avuto occasione di fare due
chiacchiere in proposito col nostro amico Claudio, il montanaro. Qui:
Certo che, una cosa è dirlo, un’altra è essere lì in fila
per le ispezioni di sicurezza.
E intanto ci raggiunge Frédéric Mangé, editor di Glénat e
responsabile di Treize Etrange, la collana che ha adottato il Porto (e l'autore della foto qui sotto).
Il nostro bagaglio? Un sacco di storie in lavorazione, un po’
di impaccio da “cosa ci faccio io qui??” e qualche linea di tensione. Niente di
troppo pericoloso: ci lasciano passare.
L’addetta al controllo documenti ci accoglie con un “Oh, les
lauréats! Bienvenue! Félicitations!” e ci indirizza verso l’Amphiteatre Foch,
dove avrà luogo la cerimonia di premiazione.
Poltroncine rosse, un viavai di teste bianche, militari con
stellette.
Abbiamo posti riservati non
lontano dal palco.
Il libretto blu della Séance Solennelle de Rentrée de l’Académie
de Marine dedica un’intera pagina al nostro graphic novel e alle motivazioni
del riconoscimento che stiamo per ricevere.
L’ammiraglio Alain Coldefy apre la cerimonia dicendo che,
quest’anno, le opere esaminate per l’attribuzione di medaglie e menzioni sono state
ben 605.
Il primo chiamato è il vincitore del Gran Prix (e ha un
sacco di cose da dire al microfono).
Ci
tremano un po’ le ginocchia, al pensiero di aprir bocca davanti a siffatta
platea.
Ma quando tocca a noi, per il Prix BD, è chi ci premia a
parlare: del Porto, di come lo abbia colpito, di quanto lo abbia sorpreso ed
emozionato.
E ci mette in mano due medaglie col veliero (una a testa!) e due “involtini”
col nastrino blu.
Siamo tra i premiati più giovani (e meno formali), ma
nessuno ci fa sentire fuori posto. Anzi, a cerimonia terminata, quando ci si
riversa fuori dall'anfiteatro verso il cocktail nell'edificio accanto, è tutto
un venirci a cercare e complimentarsi e parlarci del viaggio sulla Last
Chance, con le sue tempeste e le sue albe. Per dirci che quel viaggio, quei
personaggi, sono stati consigliati e regalati: a figli, nipoti, amici.
Pensiamo alle tante avventure che devono aver vissuto dal
vivo, questi anziani ammiragli, questi collezionisti di esperienze di
navigazione; a quante storie potrebbero avere loro, da raccontare a noi. E ci
onora, essere entrati per un poco a far parte delle loro vite sulle onde, noi “terrazzani”
nati e cresciuti in pianura padana.
Intanto Fred Mangé ci conferma che anche in Francia Le Port
des Marins Perdus è arrivato alla quarta tiratura, guadagnandosi il posto di
titolo più venduto della collana Treize Etrange. Beviamoci su! :-)
Champagne come piovesse… e invece ci sono ben 26 gradi in
questa serata d’ottobre parigino. E il tempo per quattro passi da soli, prima
di cena, fino alla torre Eiffel.
E’ il momento di chiamare casa (che significa “bimbi
coi nonni” e “CASA editrice”):
Ehi, ci hanno dato due belle medaglie! Fa un
certo effetto.
E insomma, ci sta anche una foto con la torre dietro, ché
mica ti capita tutti i giorni, una cosa così.
E poi crediamo sia finita lì: di emozioni ne abbiamo avute a
iosa!
Domani facciamo semplicemente presenza in una fumetteria del 14°
arrondissement:
Chi si aspetta quattro ore ininterrotte di dediche e gente
in attesa prima del nostro arrivo?
Si siedono, si raccontano, ridono, si commuovono. C’è chi ha
preso il libro perché ne ha sentito molto parlare, chi ha atteso di potere
incontrare gli autori e abbinare le facce ai nomi, chi lo ha amato tanto da
volerlo regalare. C’è un marinaio che l’ha scoperto in Accademia e lo fa
dedicare alla moglie, perché possa tenerle compagnia mentre lui sarà sui mari.
Ci sono Philippe, Yvette, Amélie, Pierre, Marion, Claude,
Jean-Pierre, Filipe, Michel, Eric, Alfred, Raphael, Claudie, Elizabeth, Xavier,
Louise, Timothée… e ancora Arthur, Jean-Marc, Stépane, Simon, Gaetan e Franck…
e ognuno si porta via il suo Porto, e lo porta lontano, e lo porta altrove.
E così altri lettori conosceranno Abel e s’innamoreranno di
Re e faranno il tifo per Nathan.
E la storia ricomincerà, e si farà più forte e
sfaccettata. Ognuno ci entrerà e ci metterà del suo, e la renderà più grande.
E noi restiamo lì, stanchini e inebetiti quando Bulles de
Salon, alle 20.00, chiude i battenti. Le facce incredule di chi non si capacita
bene dell’onda che lo ha travolto e si trova un po’ spaesato… e immensamente
felice. E sorride, se pensa che c’è stato un tempo, un tempo non troppo remoto,
in cui questo libro non lo voleva nessuno.
La sensazione è che tutte le cose, prima o poi, finiscano
per trovare il proprio posto, il proprio momento.
Ci vuole pazienza. E fiducia. E il sorriso non guasta.
Così, torniamo alla casacca thai di velluto nero con decorazioni
akha, quella che alla fine il suo senso l’ha trovato.
E ci viene un grazie, ma un GRAZIE enorme, oceanico proprio,
a Cate e Michele di BAO, che quel 24 aprile 2013, alle 16.41, ci scrissero:
“Grazie del progetto. E’ bellissimo. Quando venite a
parlarne con noi in redazione?”
Innescando tutta la serie di mirabolanti avventure che ci ha portati fin qui.
(tra i più recenti lettori del Porto c'è Gaspare, che ne scrive così:)